I più importanti porti italiani e le loro performance
Il trasporto marittimo è la spina dorsale del commercio internazionale e della catena di approvvigionamento manifatturiera, movimentando oltre 4/5 delle merci commercializzate a livello mondiale. In questo contesto, è evidente l’importanza rivestita dai porti commerciali, che diventano le vere e proprie porte di accesso ai mercati interni per i traffici marittimi, in grado di trasferire le merci dalla nave alla destinazione finale, e viceversa.
In questo articolo vogliamo fornire una panoramica dei principali porti commerciali d’Italia, partendo da una prima classificazione dei diversi tipi di porti e delle diverse tipologie di merci movimentate, in modo da poter comprendere in che modo valutare le performance dei singoli porti e stilarne una classifica generale.
Nello specifico, andremo a rispondere alle seguenti domande:
- Come si contraddistinguono i porti e le merci che entrano ed escono dal porto?
- Quali sono i più importanti porti italiani?
Come si contraddistinguono i porti?
Prima di stilare una classifica generale per determinare quali sono i più importanti porti italiani, è bene introdurre alcune distinzioni di base sulle specializzazioni che contraddistinguono i diversi porti. Ogni polo marittimo italiano, infatti, è caratterizzato da una propria tradizionale e preponderante attività e la classifica generale può variare di molto in funzione della categoria di merci analizzata.
Secondo il Rapporto ISFORT “Riflessioni sul sistema dei trasporti in Italia”, poco più della metà (50,8%) delle navi che nel 2018 sono approdate nei porti italiani hanno trasportato rinfuse liquide e solide (liquid bulk e dry bulk).
Le rinfuse sono merci trasportate direttamente nella stiva delle navi, senza essere caricate in contenitori o imballate. Esempi di rinfuse liquide sono: petrolio, olio di palma, prodotti chimici liquidi; mentre alcuni esempi di rinfuse solide (o secche) sono: carbone, cereali, granaglie.
Le merci containerizzate movimentate attraverso il sistema portuale italiano nel 2018, rappresentano il 22,6% del totale. Il traffico container intermodale nave-camion e nave-treno è particolarmente importante per il nostro paese poiché trasporta il 38% del nostro import-export, attestandosi come secondo tipo di trasporto preferito per il commercio estero. Al primo posto rimane il trasporto su gomma (49%), mentre la quota restante si divide tra aereo (11%) e ferrovia (2%).
Un’altra tipologia di servizi che merita di essere approfondita sono le navi Ro-Ro, utilizzate per i traffici rotabili, che nel 2018 hanno rappresentato il 22,2% delle tonnellate di merci gestite dai porti italiani.
Le unità Ro-Ro sono delle navi-traghetto dotate di portelloni che consentono a veicoli gommati di salire (roll-on) e scendere (roll-off) dalle stive in modo autonomo e senza ausilio di mezzi meccanici esterni.
L’Italia ha saputo sfruttare la propria posizione geografica e distiguersi con la flotta meglio attrezzata del Mediterraneo, intercettando negli anni le cosiddette «autostrade del mare», ossia i tragitti percorsi dagli autotreni in direzione est-ovest (dai Balcani all’Atlantico) e in direzione nord-sud verso l’Africa.
Dopo questa prima precisazione sulle principali tipologie di navi per il trasporto merci, possiamo concentrarci sul traffico container e passare a una seconda distizione, ossia la differenza tra porti gateway e porti di transhipment.
I porti gateway implicano comunemente il passaggio del container da una modalità di trasporto a un’altra, ad esempio nave/treno o nave/camion. I porti gateway possono essere considerati le porte continentali per i traffici marittimi, che trasferiscono i container dalla nave alla destinazione finale, e viceversa, attraverso i propri corridoi di trasporto stradali e ferroviari.
I porti o hub di trashipment, invece, implicano la movimentazione del container con la stessa modalità di trasporto: nave/nave. Si occupano in sostanza di trasbordare i container da una nave a un’altra. I porti di transhipment sono caratterizzati da piazzali di grandi dimensioni, poiché i container possono dover aspettare giorni prima di essere trasferiti da una nave ad un altra. Anche la posizione geografica è quasi sempre caratterizzata da una deviazione minima rispetto alla rotta principale.
Le attività di transhipment rispondono a una doppia esigenza. Con il modello “hub and spoke”, permettono di distribuire i carichi dalle navi più grandi (dette anche navi madre) verso navi più piccole (dette feeder) che distribuiscono le merci ai porti regionali che non sono in grado di avere le caratteristiche funzionali (spazi, banchine e attrezzature) e i volumi sufficienti per un servizio diretto con nave madre. Con il modello “relay”, gli hub di transhipment fungono invece da anelli di congiunzione tra le diverse rotte intercontinentali (da nave madre a nave madre), permettendo alle compagnie di navigazione di far arrivare le merci potenzialmente in tutti i porti del mondo.
In questo senso, risulta evidente il peso delle compagnie di navigazione nello sviluppo dei porti di transhipment, in funzione delle proprie reti di servizi e strategie commerciali.
Quali sono i più importanti porti in Italia?
Giunti a questo punto, possiamo stilare una classifica dei più importanti porti commerciali italiani, partendo da un’analisi per tonnellate movimentate e focalizzandoci successivamente sul traffico container.
Come riportato nel documento ufficiale pubblicato da Assoporti (Associazione dei Porti Italiani), l’insieme dei porti italiani nel 2019 ha gestito un volume di traffico merci pari a circa 479 milioni di tonnellate, registrando una diminuzione del -2,4% sul 2018.
Se guardiamo alla movimentazione totale in tonnellate, il porto di Trieste, con la più alta movimentazione di rinfuse liquide, detiene il primato italiano.
Segue il porto di Genova, caratterizzato dall’alto traffico container, che si aggiudica la medaglia d’argento anche per le attività Ro-Ro. Livorno invece detiene il terzo posto per tonnellate di merci movimentate nel 2019, di cui quasi la metà sono costituite da traffico Ro-Ro.
Se ci focalizziamo invece sul traffico container e prendiamo in esame i TEU movimentati nel 2019, la classifica dei più importanti porti italiani cambia radicalmente.
Ricordiamo che TEU sta per Twenty-foot Equivalent Unit ed è la misura standard di volume nel trasporto dei container ISO (che misurano appunto 20 ft di lunghezza x 8 ft di larghezza x 8,5 ft di altezza). Questa misura è usata per determinare la capienza di una nave o il numero di container movimentati sulle banchine di un porto in un certo periodo di tempo.
In questa classifica, troviamo al primo posto il porto di Genova, seguito da Gioia Tauro. Entrambi i porti hanno movimentato nel 2019 oltre 2,5 milioni di TEU, tuttavia con una grande differenza. Il porto di Gioia Tauro infatti ha svolto esclusivamente operazioni di transhipment. Al contrario, per il Porto di Genova il transhipment ha pesato per circa il 12%. Il resto della movimentazione di container è invece dedicata alle operazioni hinterland (import-export).
Il 3° porto italiano per TEU movimentati nel 2019 è La Spezia, con i suoi 1,4 milioni di TEU, anch’essi dedicati quasi esclusivamente a operazioni hinterland.