L’autotrasporto italiano tra crisi congiunturale, competizione internazionale e nuovi modelli di business
Il settore del trasporto su gomma italiano continua ad attraversare un periodo difficile, stretto tra il rallentamento della crescita a livello macroeconomico, la competizione con i trasportatori esteri e la necessità di rinnovare il proprio modello di business, per rispondere alle sfide imposte dal mercato e dall’evoluzione tecnologica.
Il gruppo Contship è impegnato da sempre a sviluppare soluzioni intermodali intelligenti, in grado di combinare l’efficienza e la sostenibilità del trasporto ferroviario con la flessibilità del trasporto su strada. L’ipotesi di fondo è che un modello di trasporto sulla media e lunga distanza, basato esclusivamente sull’utilizzo della modalità stradale, non sia più sostenibile né dal punto di vista ambientale, né dal punto di vista economico e sociale, oltre che problematico a livello operativo, quando utilizzato per movimentare volumi consistenti e servire grandi produttori e distributori, sempre più attenti all’impatto e all’organizzazione della propria supply chain.
L’evoluzione del contesto competitivo, della domanda e delle aspettative legate al rispetto dell’ambiente e alle condizioni del lavoro impongono, a nostro avviso, un’evoluzione del modello di business dell’autotrasporto. Questa evoluzione presuppone un nuovo approccio, capace di considerare tutte le esternalità generate dalle varie modalità di trasporto, e di guidare clienti, operatori e decisori politici verso scelte responsabili e lungimiranti.
Anche per questo, abbiamo deciso di contribuire al dibattito sviluppando un White Paper dedicato alle sfide che coinvolgono l’autotrasporto italiano, all’interno del quale abbiamo raccolto dati e riflessioni che ci auguriamo possano essere utili a tutti i professionisti che operano in questo settore.
La situazione italiana
Il trasporto su strada rappresenta la modalità più utilizzata per il trasporto delle merci; in Italia, più dell’85% dei trasporti, in termini di tonnellate-kilometro, viene effettuato via camion. La distanza media di un trasporto nazionale è pari a circa 115 km, mentre per i trasporti internazionali che coinvolgono le aziende italiane la distanza supera i 600 km.
Sia a livello nazionale che a livello internazionale, le imprese italiane soffrono la competizione di operatori stranieri, dovendo fare i conti da un lato con una domanda che fatica a riconoscere il valore strategico dell’attività di trasporto, spesso vista come un semplice costo, da ridurre il più possibile, e dall’altro con un aumento costante dei costi operativi ed una progressiva, conseguente riduzione della competitività del comparto.
Circa il 90% dell’attività di trasporto pesante effettuata dagli operatori italiani ha luogo all’interno dei confini nazionali, il restante il 10% riguarda traffici internazionali. La vicinanza a Paesi fonte di competizione, caratterizzati da un minore costo del lavoro (Slovenia, Croazia, Ungheria e Romania) non aiuta gli operatori italiani, che hanno registrato, tra il 2008 e il 2016, un calo del volume d’affari del 5% a livello nazionale, e del 10% a livello internazionale.
Gran parte dei trasporti internazionali attraversa le Alpi, e i valichi di confine con l’Austria, la Francia e la Svizzera. Lo split modale che caratterizza queste tre direttrici riflette le differenze infrastrutturali e le scelte strategiche attuate dai Paesi coinvolti: si va dalla Francia, dove la modalità stradale assorbe la quasi totalità dei volumi (92% strada contro meno dell’8% di ferrovia) all’Austria, dove la modalità stradale resta prioritaria, ma l’utilizzo del treno è maggiore (30% circa dei volumi in transito), fino ad arrivare alla Svizzera, che rappresenta un esempio virtuoso, con più del 70% dei volumi movimentati via ferrovia.
La carenza di autisti qualificati
Uno dei problemi più pressanti per il comparto, che coinvolge anche i Paesi come l’Italia, che registrano una contrazione generalizzata del volume d’affari, è la mancanza di autisti qualificati. Da un report dell’associazione tedesca DSLV, si scopre che in Germania due terzi degli autisti andranno in pensione nei prossimi 15 anni, e che già oggi vi è nel Paese una carenza di circa 45.000 autisti, dovuta al fatto che 30.000 operatori abbandonano ogni anno la professione, mentre appena 2.000 persone ottengono, nello stesso periodo, una qualifica professionale per la conduzione di veicoli pesanti. La situazione è altrettanto grave in Francia, con una carenza di circa 20.000 autisti, e in Italia, dove le stime delle associazioni di settore parlano di almeno 15.000 autisti mancanti.
Costo del lavoro e costi di esercizio dei veicoli pesanti in Italia
Per quanto riguarda il costo del lavoro, persistono differenze sostanziali tra i vari Paesi; l’Italia è il secondo Paese, dopo il Belgio, dove il costo del lavoro è più alto, più del doppio di quanto si registra in Paesi come Bulgaria, Romania, Lituania, Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Slovenia.
In questa grafica viene proposto uno schema riassuntivo dei principali costi di esercizio relativi ad un autotreno. Rapportando il totale dei costi (esclusi i costi di struttura) alla percorrenza media, stimata a 115.000 km/anno, si ottiene il costo operativo medio per kilometro. (fonte Hannibal S.p.A.)
Il costo del carburante, secondo costo di esercizio in ordine di rilevanza, rappresenta un ulteriore elemento di compressione dei margini degli operatori, anche in virtù degli aumenti di prezzo, registrati negli ultimi anni (+26% da Gennaio 2016 a Marzo 2019).
La sfida del cambiamento
Analizzando i dati raccolti, appare chiaro come la sostenibilità del modello di business tradizionale del trasporto stradale su lunga distanza sia minacciata su più fronti. I margini di manovra si fanno sempre più stretti, e molte delle classiche strategie di contenimento dei costi (compressione dei salari e utilizzo di manodopera a basso costo, dumping sociale, allungamento del ciclo di vita dei mezzi) non sono più praticabili, anche alla luce di nuove, stringenti regolamentazioni, e di una generale evoluzione della sensibilità in materia.
Dai problemi alle possibili soluzioni
Il nodo della questione è rappresentato dalla necessità di redistribuire il traffico pesante, limitando il più possibile le tratte di lunga distanza e sfruttando la flessibilità del vettore stradale per servire in maniera efficace la distribuzione di primo e ultimo miglio, migliorando al tempo stesso disponibilità, velocità e qualità dei servizi ferroviari intermodali, che rappresentano già oggi un’alternativa affidabile e sostenibile al trasporto tutto-strada, sulle principali direttrici nazionali ed internazionali.
Per rendere possibile questo shift modale, occorre prendere spunto dalle realtà che hanno intrapreso con successo questo percorso, ottenendo risultati concreti. E’ il caso della Svizzera, che negli ultimi 25 anni ha spostato una quota rilevante di traffico merci dalla strada alla ferrovia, grazie ad un insieme di policy innovative e finanziamenti che incentivano e facilitano la conversione, raggiungendo nel 2018 un invidiabile rapporto 72/28 tra ferrovia e strada, per i traffici merci transalpini.
Il ruolo dell’opinione pubblica, della responsabilità sociale delle imprese e dei decisori politici
La crescente attenzione ai temi della sostenibilità, intesa non soltanto come attenzione ai temi ambientali, ma come approccio di lungo periodo allo sviluppo economico e sociale, rende necessaria un’accelerazione del cambiamento in atto, anche negli altri Paesi europei. Come evidenziato in precedenza, il settore del trasporto è responsabile di una quota considerevole di emissioni ed esternalità negative, ma è allo stesso tempo uno dei pilastri dello sviluppo economico, e un elemento fondamentale dell’economia di scambio, che garantisce benessere e sviluppo a tutto il continente europeo. Per questo motivo occorre considerare la sfida legata all’evoluzione del sistema come un’opportunità irrinunciabile, concreta e alla portata dei governi, degli operatori e dei trasportatori più lungimiranti.
Per i decisori politici nazionali e comunitari, diventa fondamentale aprire un dialogo costruttivo con il mondo dell’industria, i rappresentanti delle imprese di autotrasporto e il mondo della logistica, con particolare attenzione alle istanze degli operatori intermodali, che già oggi sono impegnati nello sviluppo commerciale di alternative ferroviarie. Alla politica spetta il compito di stimolare un dibattito serio e fattuale, sulla necessità di perseguire un sostanziale sviluppo infrastrutturale; parallelamente, occorre introdurre i giusti incentivi per orientare gli investimenti verso le modalità di trasporto più sostenibili, rendendo sempre più competitive le soluzioni che riducono la congestione stradale, l’inquinamento e le esternalità negative legate all’abuso della modalità stradale.
Ai trasportatori spetta la responsabilità di valutare con la dovuta lungimiranza la sostenibilità del modello di trasporto proposto al mercato, rifiutando pratiche come il dumping sociale e il taglio dei costi legati alla sicurezza delle operazioni e ad una corretta gestione della flotta e del personale. Superare la sola competizione al ribasso, specializzandosi nel servire nicchie di mercato sensibili ai temi dell’innovazione, dell’efficienza energetica e della qualità del servizio, può rappresentare una strategia vincente per assicurare la crescita nel medio e lungo periodo. Nel fare questo, le imprese non possono però essere lasciate sole: occorre supportarle facendo maturare, tra i clienti e i consumatori finali, una maggiore consapevolezza dei rischi legati a compromessi eccessivi legati alla ricerca del prezzo più basso possibile, all’aspettativa di consegne sempre più veloci e “a costo zero”.