Resilienza della supply chain ed emergenza COVID-19
Qual è stato l’impatto dell’emergenza COVID-19 sui porti italiani?
La riduzione dei volumi movimentati è la principale criticità che i porti italiani hanno dovuto affrontare. A causa della chiusura di buona parte delle fabbriche in tutto il mondo, le navi hanno imbarcato oggettivamente meno carichi e lo dimostrano le numerose rotte cancellate dai principali vettori marittimi, nonché i dati dei porti di Shanghai e Rotterdam, rispettivamente primo al mondo e primo in Europa per traffico container, che hanno registrato nell’ordine un -8,5% (al primo quadrimestre 2020) e un -4,7% (al primo trimestre 2020).
Nonostante alcuni settori siano rimasti aperti durante l’emergenza, tra cui l’agroalimentare e il sanitario, molti altri sono rimasti bloccati per lungo tempo; uno di questi è il settore dell’automotive, che ha registrato perdite rilevanti nelle esportazioni e nelle importazioni.
SRM ha stimato una riduzione dei carichi totali movimentati nei porti italiani nel 2020 del 20-25%, corrispondente a un calo di 90-100 milioni di tonnellate di merci. Tutto ciò ha un impatto negativo sia sul nostro sistema logistico e marittimo, sia sul nostro sistema manifatturiero. Il canale di Suez, indicatore del traffico marittimo nel Mediterraneo, ha registrato una perdita dei transiti a giugno del 6,4% rispetto allo scorso anno.
SRM ha effettuato stime sull’impatto del COVID-19 sul sistema marittimo italiano?
Sì, ci siamo soffermati sull’interscambio, che è una proxy del traffico internazionale. Lei pensi che il valore potenziale dell’import/export containerizzato per l’Italia ammonta ogni anno a circa 190 miliardi di euro. Durante l’emergenza, SRM ha ipotizzato tre scenari per fine 2020. Lo scenario più ottimistico, che ipotizza una ripresa dell’import/export italiano a giugno, prevede una perdita secca di circa il 22%; il secondo scenario, che ipotizza una ripresa a settembre, prevede una conseguente perdita di circa il 33-35%; lo scenario più pessimistico, che ipotizza una ripresa soltanto nel 2021, prevede invece una perdita del 50%.
Sono ovviamente solo previsioni, ma fondate su ragionamenti solidi; vanno seguite e riviste periodicamente. Specie se, mi auguro di no, il virus dovesse tornare a fine anno; ma nel caso, ci troverà più pronti a reagire.
SRM ha condotto un sondaggio con diversi opinion leader italiani sull’impatto del COVID-19 su logistica ed economia marittima. Secondo gli intervistati, quali sono i problemi cruciali che il settore si è ritrovato ad affrontare?
Per comprendere meglio i risultati del nostro sondaggio, bisogna considerare che è stato condotto nel pieno dell’emergenza. Gli intervistati comprendono Assoporti, Confitarma, Confetra, Federagenti, Fedespedi e cinque autorità portuali italiane. I principali problemi riscontrati includono la crisi di liquidità per le piccole e medie imprese (PMI) e la congestione ai valichi.
La crisi di liquidità ha colpito tutti i settori, dalla logistica, che comprende strada, mare, ferro e aereo, al tessile e la ristorazione. Per quanto riguarda la logistica, il settore più colpito è quello del trasporto merci stradale, contraddistinto da una struttura molto parcellizzata con piccole imprese che si sono trovate improvvisamente senza merci da trasportare, senza fatture pagate e senza clienti, dovendo però continuare a sostenere costi fissi.
La congestione ai valichi riscontrata è invece un fenomeno nuovo, nel senso che l’inasprimento dei controlli durante l’emergenza ha comportato un rallentamento della movimentazione delle merci. Il fatto che le merci arrivassero nei porti e i container venissero sbarcati senza poter essere recapitati perché le imprese erano chiuse è stato un altro problema importante, poi risolto dal governo in una fase successiva con l’apertura dei magazzini.
Il sondaggio include però anche un dato ottimistico piuttosto interessante, perché molti soggetti intervistati ritenevano che il sistema logistico-portuale italiano fosse talmente forte da poter reggere per un periodo di tre mesi in una crisi di questa portata.
Per approfondire l’argomento, è possibile scaricare il report dell’Osservatorio COVID-19 sui Trasporti Marittimi e la Logistica dal sito SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno.
Allontaniamoci dall’Italia e consideriamo un quadro più ampio. Qual è stato l’impatto dell’emergenza COVID-19 sull’industria marittima e il settore logistico a livello globale?
La riduzione dei volumi movimentati dovuta all’emergenza ha dato vita principalmente a due fenomeni interessanti: il Blank Sailing e la circumnavigazione del Capo africano di Buona Speranza al fine di evitare di transitare attraverso il Canale di Suez. Il primo fenomeno consiste nella cancellazione di un’intera tratta marittima. La chiusura delle fabbriche ha portato alla riduzione del traffico trasportato dalle navi in tutto il mondo, che non imbarcando merci erano infatti costrette a non partire. Tra gennaio e aprile ci sono state circa 400 cancellazioni di rotte, per un impatto di circa 4.5 milioni di TEU.
Il secondo fenomeno consiste nell’evitare il Canale di Suez. Oltre alla riduzione dei volumi movimentati, l’emergenza COVID-19 ha portato anche a un calo significativo del prezzo del petrolio. In questo contesto, alcune compagnie di navigazione, al fine di risparmiare sui costi di pedaggio, hanno deciso di non transitare attraverso il Canale e di circumnavigare appunto l’Africa, un percorso più lungo che comunque ha implicato attese più lunghe e in alcuni casi ritardi nelle consegne. Tale fenomeno interessa in particolar modo il Mediterraneo, avendo questo come principale canale di sbocco dei propri traffici verso il Far East proprio Suez.
Drewry ha delineato tre scenari che ipotizzano l’impatto dell’emergenza COVID-19 a livello globale: il primo prevede un aumento della domanda di container nel 2020 dell’1,5%, il secondo un calo dello 0,5%, il terzo una riduzione del 3%. Quale tra i tre scenari ritiene più probabile si verifichi?
Credo che la verità stia nel mezzo. Per formulare un’ipotesi in tal senso, bisogna considerare che i principali importatori ed esportatori di merci a livello globale, soprattutto in termini di contenitori, sono i Paesi del Far East, in particolare la Cina. Qui si trovano infatti sette tra i dieci maggiori porti commerciali al mondo in termini di traffico containerizzato.
Nonostante inizialmente si pensasse che il COVID-19 potesse espandersi in maniera dilagante in tutta la Cina, l’adozione di politiche particolarmente restrittive ha permesso alla Cina stessa di non figurare più tra i primi Paesi per contagio a livello globale. Per tale motivo, ritengo che lo scenario più probabile tra i tre delineati da Drewry sia quello intermedio, anche se le stime vengono riviste di continuo non lasciando spazio ad analisi stabili.
Credo che verso settembre – ottobre avremo elementi più chiari, quando saranno diffusi i dati sull’import/export del primo semestre e i dati di traffico portuale aggiornati.