Come stanno cambiando i traffici sulla rotta Asia-Europa
Mentre ci avviciniamo al termine di un anno turbolento e difficile per i traffici di merci containerizzate, abbiamo discusso con Peter Hill, Direttore Sales & Business Development Contship, in merito ad alcuni temi chiave del settore e dei fattori che influenzano i trend del commercio tra Asia ed Europa.
In questo articolo, partiamo dalla necessità di assicurare una rapida e sostenibile ripresa post COVID-19, per poi considerare alcune tendenze di portata generale, legate al consolidamento delle quote di mercato delle compagnie di navigazione e al rispetto delle norme ambientali, fino alla ricerca di sempre maggiori efficienze operative, che continueranno ad influenzare il settore.
Peter, quali sono a tuo avviso i cambiamenti più importanti sulla rotta Asia-Europa, avvenuti negli ultimi 5 anni?
Peter Hill: Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una forte crescita degli scambi commerciali in export verso l’Oriente. Abbiamo inoltre assistito, nel 2017, alla formazione di tre forti Alleanze (2M, THE Alliance ed Ocean Alliance), create al fine di gestire meglio i volumi di traffico e migliorare l’offerta. Allo stesso tempo, l’utilizzo di mega navi (ULCS) garantisce benefici in termini di economie di scala, almeno in un contesto di mercato sano e in crescita, riducendo i costi di trasporto per contenitore.
Il costo resterà sempre un fattore determinante, ma ci sono altri fattori, altrettanto importanti, come l’affidabilità. Le navi stanno diventando più grandi, ma il rispetto della programmazione degli scali delle navi sta diminuendo. Una delle ragioni è l’incapacità delle navi moderne di aumentare sensibilmente la velocità di navigazione per recuperare i ritardi. In realtà, le navi avrebbero la capacità tecnica di farlo, ma il consumo extra di carburante rappresenta un elemento determinante, restando il principale ostacolo che impedisce di utilizzare questa strategia.
L’aumento del costo del carburante, negli scorsi anni, ha avuto un impatto determinante sulla progettazione delle navi e sulla pianificazione delle rotte. Per esempio, le navi Maersk Triple E sono state progettate con particolare attenzione ai livelli di consumo.
Non molti anni fa, sulla rotta Asia-Europa, le navi viaggiavano a 26 nodi, coprendo la distanza tra Hong Kong e Rotterdam in 18 giorni. Le navi moderne più efficienti impiegano oggi circa cinque giorni in più. In aggiunta a questo, qualsiasi calo del prezzo del carburante spinge i traffici normalmente in transito attraverso Suez a preferire la circumnavigazione dell’Africa e il passaggio dal Capo di Buona Speranza. Per fare questo viene utilizzato tutto il ‘buffer time’ a disposizione nella programmazione, aumentando leggermente la velocità e compensando i consumi extra di carburante con il sostanziale risparmio sulla tariffa di attraversamento del Canale di Suez.
In che modo l’integrazione verticale influenza la scelta delle rotte e lo sviluppo della supply chain?
PH: Negli anni passati abbiamo visto CMA CGM acquisire CEVA, mentre AP Moller-Maersk ha unificato le proprie divisioni supply chain e freight forwarding sotto il marchio DAMCO.
Credo che ci siano due scuole di pensiero su come le shipping line si stanno muovendo per assicurarsi nuove opportunità di business.
Una strada passa attraverso l’integrazione lato terminal, implementata con successo solo da poche compagnie, sia su scala globale che su scala regionale.
L’altra via prevede di fornire soluzioni logistiche attraverso servizi di freight forwarding integrati, concentrati su trasporti “di nicchia”, servizi camionistici e di magazzinaggio, segmenti di mercato oggi cresciuti sensibilmente e sviluppati su scala globale.
In ogni caso, credo che le compagnie siano un po’ esitanti in merito alla scelta di investire in maniera significativa nella logistica del trasporto merci, considerando il capitale richiesto. Allo stesso tempo, sul mercato sono attivi da molti anni diversi operatori specialisti, con i quali competere.
Nel lungo periodo, le linee favoriranno l’approccio “One-Stop-Shop” per i clienti, perché rappresenta una strategia per evitare la commoditizzazione della propria offerta. Le shipping lines sono oggi fortemente impegnate a sviluppare un’offerta capace di rispondere alle richieste del mercato.
Quali sono le preoccupazioni maggiori per i clienti asiatici? Velocità e costo sono fattori dominanti nel commercio da e verso il Far East, o ci sono altri aspetti come la sostenibilità e le emissioni di CO2, e l’utilizzo di carburanti puliti, che stanno diventando sempre più importanti?
PH: Il costo è sempre la preoccupazione numero uno per i clienti. Tuttavia ci sono anche fattori ambientali che vengono presi in considerazione, anche perché spesso legati al rapporto costo-efficacia delle soluzioni logistiche. Prendere in considerazione anche la sostenibilità ambientale permette di differenziare il proprio prodotto, rispetto alla concorrenza. Sapersi distinguere è fondamentale in un mercato così competitivo.
Sempre più clienti stanno cercando soluzioni di logistica green, cercando di capire come possono rinnovarsi per ottenere un vantaggio competitivo. E’ un approccio che ha bisogno di tempo, per maturare e svilupparsi appieno.
C’è una grande consapevolezza e una crescente trasparenza riguardo al funzionamento delle operazioni intermodali: oggi i cargo owner possono gestire molto meglio il trasferimento delle loro merci.
20 anni fa, caricatori e ricevitori si affidavano soprattutto ai loro fornitori di fiducia per gestire le spedizioni. Oggi invece c’è più conoscenza, più esperienza su come pianificare un carico, negoziare le rate, il desiderio di essere coinvolti nelle scelte più importanti, piuttosto che affidare interamente la questione ad un fornitore esterno.
Oggi la maggior parte delle grandi aziende può contare su un ufficio interno dedicato alla gestione della supply chain e della logistica, responsabile non solo delle spedizioni internazionali, ma anche del magazzino e della distribuzione, attività spesso in precedenza esternalizzate. Molte di queste funzioni sono state integrate internamente: questo migliora visibilità e trasparenza delle operazioni.
E certamente, lo sviluppo tecnologico aggiunge un tocco di magia! Aiuta i clienti ad avere visibilità diretta, via desktop o tramite app. Si può quindi capire immediatamente se un carico evidenzia delle criticità, e quindi gestire meglio la supply chain, rendendola più fluida e integrata.
Come farà il settore dello shipping a consolidare la propria resilienza, dopo la fine dell’emergenza COVID-19?
PH: il comparto della logistica si è rivelato particolarmente solido, nei nove mesi passati; gli sforzi condivisi e i successi registrati nel mantenere la merce in movimento sono stati notevoli.
A causa della pandemia COVID-19, le linee si stanno concentrando sulla gestione degli asset, non solo dal punto di vista dello sviluppo dei network, ma anche dal punto di vista delle demolizioni e delle nuove costruzioni; in particolare su questo ultimo punto, abbiamo visto un maggiore controllo e più prudenza.
L’offerta sembra essere oggi più allineata alla domanda e l’effetto domino che si ripercuote a cascata sui vari traffici è diminuito considerevolmente. Questo ha, a sua volta, garantito una certa stabilità. Penso che sarebbe folle, da parte delle linee, non cercare di mantenere questo equilibrio.
Il rispetto dei nuovi regolamenti e l’utilizzo di dispositivi di protezione, ci permettono di continuare a lavorare, anche se in maniera un po’ diversa. Gli scaffali dei negozi sono ancora pieni e le linee sono concentrate nella ricerca di efficienze e riorganizzazioni dei costi, piuttosto che nell’inseguimento di quote di mercato ad ogni costo. Questo favorisce le prospettive di una crescita sostenibile per il settore.
Al momento poggiamo su solide basi, in termini di gestone della capacità di stiva e utilizzo delle navi. È importante che le linee continuino con questo approccio responsabile, in termini di nuove unità costruite e spese di capitale, mantenendo buoni livelli di fatturato.